di Maria etta Cavallini –
Quando un disegno diventa la fotografia un pensiero a cui mancano le parole. Parti di cose viste e parti di cose vissute, ordine di sensazioni mescolate tra loro.
Ogni essere umano indipendentemente dalla razza, dal sesso, dall’età, dalla cultura, dalla personalità e dall’esperienza, attraverso il gesto libero del disegno manifesta “la memoria delle registrazioni primarie della vita”. (Arno Stern)
Lo “scarabocchio” è la vera prima forma di comunicazione del bambino con il mondo. Il disegno spontaneo rappresenta per i più piccoli una mediazione linguistica per poter comunicare. Il bimbo proietta sulla carta la percezione delle emozioni e delle fantasie proprie, in rapporto con la realtà stessa. Attraverso gli scarabocchi afferma la propria esistenza.
Colori, linee e figure, troveremo poi anche rumori, oggetti, provenienti da stimoli esterni. Vedremo sui fogli una conquista sempre più consapevole del mondo e degli spazi che lo circondano. Nel momento in cui il bambino, acquisisce una più consapevole percettività della realtà ed una risposta grafica maggiormente organizzata, iniziano ad apparire i primi abbozzi di figure umane e di oggetti strutturati. I colori vengono utilizzati in maniera corretta e rappresentano una giusta imitazione della realtà circostante. In questa fase il bambino acquisisce gli strumenti espressivi che struttureranno competenze per l’apprendimento della scrittura.Il linguaggio grafico infantile ci offre su un piatto d’argento informazioni sia sugli aspetti emotivi che istintivi del mondo infantile.
Arno Stern mi ha insegnato che da sempre l’umanità ha utilizzato i segni tracciati per comunicare.
Dalla primitiva forma di comunicazione, lo scarabocchio, nasconde la necessità dell’essere umano di comunicare con il mondo circostante, di lasciare una traccia. Il bambino che disegna arricchisce il proprio bagaglio comunicativo e allo stesso tempo, inconsciamente, si “appropria” degli spazi che lo circondano. I nostri bambini arrivano al disegno dopo aver sviluppato una serie di passaggi mentali ed esperienze ben strutturati. Spesso sono solo in grado di copiare. Il passaggio dallo scarabocchio “simbolico” a quello “onomatopeico” è sempre un grande successo dei nostri interventi.
Grazie Giacomo per averci insegnato che, a volte, per manifestare i nostri mondi dobbiamo riconoscere l’opportunità e il coraggio di farlo.