Nuovi contesti educativi e adolescenza

di Maria etta Cavallini – La famiglia affettiva non funziona ma è moderna.

Oggi mi è chiaro il passaggio dalla famiglia etica ad una affettiva. Noi vecchi genitori, educatori, terapisti abbiamo visto il passaggio da un metodo educativo incentrato sulle regole a uno incentrato invece sugli affetti.

Cercare di ottenere il consenso dei figli su ogni cosa non consente di mostrare “paletti fermi”. Le regole sono una protezione, senza il bambino viene esposto a stimoli eccessivi.

Viviamo inoltre la crisi dell’autorità paterna, dove i padri sono diventati figure empatiche e affettive come le madri.

Incontriamo genitori sempre più dubbiosi e spaventati, incapaci di porre limiti e regole. Genitori che non sanno dire no. Genitori che sperano di farsi obbedire solo grazie al convincimento con promesse , indulgenti e permissivi. Genitori che hanno paura che i loro figli li odino.

Il risultato di questa educazione è controproducente per tutti.

I giovani nel frattempo crescono con una identità debole, poco legata alla realtà ma soprattutto tendente all’onnipotenza.

L’ educazione della famiglia affettiva richiede ai propri figli di adeguarsi ad aspettative genitoriali sempre più invadenti. Ne deriva che il sentimento dominante negli adolescenti di oggi infatti non è la colpa ma la vergogna.

I nostri ragazzi hanno bisogno di modelli educativi
chiari per essere in grado di diventare flessibili, capaci di affrontare situazioni mutevoli, con buone capacità sociali e comunicative. Devono acquisire autostima e autodisciplina per avere fiducia in se stessi, autonomia di giudizio ma anche la capacità di potersi destreggiare nel mondo circostante. Hanno bisogno di noi adulti, non di un adulto che ha bisogno del consenso dei figli per paura di non essere riconosciuto.

Vedo ancora troppi bambini che crescono solo se guardati in modo benevolo, riconoscendo continuamente loro meriti, capacità, bravura e vittorie. Quando questo, un giorno, per qualsiasi motivo, viene a mancare arriva l’umiliazione che col tempo produce mortificazione. L’umiliazione viene vissuta dal bambino come una ferita. Questo trauma condizionerà il loro funzionamento narcisistico. Di conseguenza arriva la vergogna rendendogli difficile vivere in modo adeguato le proprie esperienze, come l’amore per un coetaneo, il desiderio di amicizia, la spinta a prendere la parola in pubblico. In adolescenza la vergogna potrà impedire la realizzazione di una corretta evoluzione.

Dall’altra parte comunque i genitori abituano il figlio fin dalla nascita a muoversi in ambienti diversi, proponendogli nuove esperienze di vita e nuove conoscenze come sport, musica e lingue straniere. Il loro progetto educativo è quello di costruire un figlio che sia flessibile, duttile, capace di vivere in un mondo globalizzato, in mutamento continuo, in cui la parola certezza non esiste più, nemmeno per loro.